martedì 24 aprile 2012

SINDROME DEL COLON IRRITABILE

La Sindrome del Colon Irritabile (IBS) è un'alterazione dei movimenti scanditi dai muscoli dell'intestino. In un individuo normale essi si contraggono e si distendono per permettere lo spostamento degli alimenti attraverso l'intestino. Nella persona affetta da IBS le contrazioni possono essere più energiche e lunghe e ciò causa una spinta più rapida del cibo con la conseguente formazioni di gas, gonfiore e diarrea.
In una recente ricerca, Mahvi-Shiva e colleghi hanno comparato due gruppi di pazienti (25 ciascuno): il primo ha seguito un trattamento prettamente farmacologico mentre il secondo è stato sottoposto ad una combinazione di trattamento farmacologico e terapia cognitiva.
Prima e dopo la ricerca i pazienti sono stati valutati sia dal punto di vista della sintomatologia fisica sia sotto il profilo psicologico.
I risultati hanno dimostrato che l'80% dei pazienti sottoposti a terapia farmacologica e TC  ha goduto di un netto miglioramento del proprio stato di salute (mentale e fisico) e che la combinazione di entrambi i trattamenti è molto più efficace rispetto al semplice trattamento farmacologico.
In aggiunta, i ricercatori hanno verificato che la terapia cognitiva aiuta notevolmente i pazienti a ridurre le disabilità legate al IBS. Gli studiosi concludono sostenendo che è auspicabile che i pazienti siano seguiti da un team formato da gastroenterologi e psicologi.


Mahvi-Shiva M., Fathi-Ashtiani A., Rasoolzade-Tabatebaei SK:, Amini M. (2012). Irritable bowel syndrome treatment: cognitive behavioral therapy versus medical treatment. Archives of Medical Science, 8, 123-129.

mercoledì 11 aprile 2012

IL DISAGIO PSICOLOGICO

Per comprendere pienamente cosa l'indirizzo CC intenda per disagio mentale è opportuno partire da uno dei fondatori del modello cognitivo: Aaron Beck. Egli era uno psicoterapeuta ad orientamento psicanalitico. Durante la sua prassi clinica si accorse che molti pazienti non miglioravano dopo che egli lavorava sulla rabbia che essi provavano nei confronti di se stessi (secondo l'ottica freudiana). Lo studioso si accorse, però, che oltre ai normali ragionamenti i depressi avevano un flusso di pensieri con connotazioni negative che influenzavano la loro percezione del mondo, di lo stessi e del futuro. Da successive osservazioni egli notò che il disagio era accompagnato da interpretazioni "negative" e "disfunzionali". Per "disfunzionale" si intende una valutazione e delle convinzioni che producono  sofferenza e non permettono all'individuo di raggiungere i propri scopi.
In base a quanto detto sopra, si può affermare che il modello cognitivo focalizza la propria attenzione sul contenuto cognitivo ( del pensiero) relativo alla reazione di un individuo nei confronti di un evento scatenante. 
Il disagio è conseguenza di due variabili:
  • contenuto mentale (pensieri automatici , schemi)
  • processi mentali.


A causa delle diverse interpretazioni e schemi che caratterizzano gli individui, a parità di evento sconvolgente si possono avere diversi pensieri, emozioni, reazioni fisiologiche e comportamentali.
Si può affermare che il modo di interpretare un evento e la conseguente reazione fisiologica e comportamentale è ascrivibile agli schemi personali. 
Ma quando uno schema diventa disfunzionale, e quindi patogeno? Uno schema può essere inteso come disfunzionale nel momento in cui distorce la realtà, è troppo rigido e difficilmente modificabile, è iper-valente (da origine ad interpretazioni pervasive ed eccessivamente generalizzate).
Per ogni disturbo psicologico è possibile rintracciare uno specifico profilo cognitivo, ovvero è possibile individuare alcuni processi cognitivi e contenuti ricorrenti che lo caratterizzano. In un disturbo d'ansia è solitamente possibile rintracciare una serie di pensieri e contenuti caratterizzati dalla minaccia della sicurezza personale e/o sociale. In un disturbo depressivo i pensieri saranno connotati da tematiche di perdita e fallimento.


Dobson K. S. (2002). Psicoterapia cognitivo-comportamentale. Teorie, trattamenti, efficacia: lo stato dell'arte. Milano: McGraw Hill.
Perdighe C., Mancini F. (2008). Elementi di psicoterapia cognitiva. Roma: Fioriti Editore.
Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G. M. (a cura di) (2006). Psicoterapia cognitiva dell'ansia. Milano: Raffaello Cortina Editore

sabato 7 aprile 2012

LA TCC PER LA SCHIZOFRENIA

Douglas Turkington e Anthony Morrison, in un loro articolo presentato su Archives of General Psychiatry, hanno individuato nei sintomi negativi della schizofrenia le cause di maggiore senso di disabilità e di stress. I sintomi negativi che caratterizzano la persona affetta da schizofrenia sono: alogia, anedonia e asocialità. Nel loro studio essi hanno messo in evidenza come poche ricerche si siano interessate ad alleviare i sintomi negativi che caratterizzano questa patologia, in quanto la società tende a interessarsi maggiormente ai sintomi positivi: allucinazioni e deliri. Essi hanno descritto lo studio controllato condotto da Paul Grant, Aaron Beck e colleghi nel quale si è verificato che pazienti affetti da schizofrenia vicono una significativa diminuzione dei sintomi negativi dopo un intervento riabilitativo basato su un modello cognitivo.
Il modello di riferimento della ricerca è stato proposto da Beck; egli ha teorizzato che i pazienti schizofrenici hanno uno "schema di fallimento" e si arrendono presto dopo la comunicazione della diagnosi, credendo che non saranno più in grado di raggiungere nessun obiettivo e migliorare. I pazienti possono pensare "non avrò mai amici", "non riuscirò a farlo", "io sono un pericolo". Essi tendono a pensare che il deterioramento sia inarrestabile, che le relazioni interpersonali siano impossibili e immaginano delle crisi catastrofiche. In generale, i pazienti credono che la loro mente sia irreparabilmente rotta.
Interventi mirati alla diminuzione degli atteggiamenti evitanti e una pianificazione delle attività possono aiutare i pazienti a mettere in atto comportamenti che riducono notevolmente l'ansia.
A conclusione dello studio, Beck e colleghi hanno evidenziato che " la terapia cognitiva può essere utile nel promuovere un miglioramento clinicamente significativo nella motivazione, nel funzionamento sociale, e sui sintomi positivi nei pazienti a basso funzionamento con un significativo impoverimento cognitivo.




Grant, P., Huh, G. A., Perivoliotis, D., Stolar, N. M., Beck A. T.. (2012). Randomized Trial to Evaluate the Efficacy of Cognitive Therapy for Low-Functioning Patients With Schizofrenia. Archives of General Psychiatry. 69, 120-120.
Turkington, D., Morrison, A. P. (2012). Cognitive Therapy for Negative Symptoms of Schizofrenia. Archives of General Psychiatry. 69, 120-120.

lunedì 2 aprile 2012

LA TCC CON LE COPPIE E LE FAMIGLIE.


La terapia cognitiva differisce dall’approccio prettamente comportamentale per l’enfasi che la prima pone sui processi del pensiero e i sistemi di credenze.
Albert Ellis fu il primo terapeuta cognitivo a focalizzare la propria attenzione sui processi del pensiero che coinvolgono le relazioni intime. Egli sostiene che le emozioni e i comportamenti che compromettono la relazione di coppia non siano dovuti alla semplice presenza di eventi esterni o di cattive intenzioni dei partner ma dal modo di ciascun individuo di interpretare il comportamento dell’altro e delle situazioni esterne.
Oggigiorno, la terapia cognitivo-comportamentale sta entrando a far parte degli approcci principali che si interessano alla psicoterapia della coppia e della famiglia. In una ricerca svolta negli USA e promossa dalla American Association fon Marriage and Family Therapy la terapia cognitivo-comportamentale per la famiglia era quella più frequentemente menzionata dai terapeuti, sui 27 diversi approcci dichiarati (Northey, 2002). Una recente indagine effettuata con la collaborazione della Colombia University, ha evidenziato che su 2281 terapeuti intervistati il 68.7% (1566) dichiarava di utilizzare la TCC in combinazione con altri metodi (Psychotherapy Networker, 2007).
L’approccio cognitivo-comportamentale con le coppie ha evidenziato che le relazioni disfunzionali si stabiliscono nel momento in cui gli individui
  • Possiedono credenze irrealistiche e irrazionali sul proprio partner e sulla relazione;
  • Interpretano negativamente la propria relazione e il proprio partner quando non si realizzano le proprie aspettative irrealistiche.


Lo scopo della terapia CC con le coppie è quello di
  • Modificare le aspettative irrealistiche sulla relazione intima;
  • Correggere le cattive interpretazioni che avvengono durante la comunicazione e la relazione;
  • Utilizzare auto-istruzioni al fine di diminuire le interazioni distruttive.




Dattilio F. M. (2010). Cognitive-behavioral therapy with couples and famiglie: a comprehensive guide for clinicians. New York: Guilford Press.
Dattilio F. M. & Padesky, C. A. (1990). Cognitive therapy with couples. Sarasota, FL: Professional Resource Exchange.
Northey, W. F. (2002). Characteristics and clinical practices of marriage and family therapists: A national survey. Journal of Marital and Family Therapy, 28, 487-494.
Psychotherapy Networker. (2007). The top 10: The most influential therapists of the past quarte-century. Psychotherapy Networker, 31 (2), 24-68.