martedì 25 ottobre 2011

STORIA TCC (1): IL COMPORTAMENTISMO

La storia della Terapia Cognitivo-Cpmportamentale è caratterizzata da numerose evoluzioni nonostante la sua giovane età. Le origine del comportamentismo possono essere fatte salire agli Anni ‘20. È importante sottolineare che in quel periodo storico il panorama della psicologia era catalizzato dal predominio della psicanalisi che non ha accolto di buon grado di presentarsi di un nuovo approccio al disagio mentale. La Terapia del Comportamento ha dovuto lottare per far valere il proprio carattere di scientificità. La grande difficoltà di affermazione del nascente indirizzo della psicoterapia si evidenzia nel fatto che le prime tecniche, teorie e basi filosofiche appaiono negli Anni ‘20, ma sono riuscite ad affermarsi nel panorama internazionale circa trent'anni dopo.

Possiamo far risalire di origine comportamentismo ai primi esperimenti effettuati da  Ivan Pavlov (nella foto) sul Sistema Nervoso. Pavlov è stato un fisiologo, medico di origine  russa che si è interessato precocemente del Sistema Nervoso e della possibilità di influenzarne il funzionamento. Le celebri ricerche dello studioso sui riflessi condizionati dei cani sono diventati pietra miliare sia della Psicologia, in generale, sia della Terapia del Comportamento, in particolare. Nonostante le sue ricerche siano state prettamente fisiologiche, gli ha dato un forte impulso alla ricerca psicologica grazie formulazione del ‘riflesso condizionato’. Le ricerche dello scienziato russo portarono al riconoscimento di un particolare tipo di condizionamento definito classico (o Pavloviano) grazie al quale stimoli diversi venivano associati. Una risposta più prettamente psicologica al lavoro di Pavlov viene dagli Stati Uniti, dove John Watson ha applicato il principio del condizionamento classico agli individui. Tra le ricerche più importanti di Watson vi è quella del ‘Piccolo Albert’. L'esperimento consisteva mostrare ad un bambino (di circa 11 mesi), Albert, una serie di stimoli (animali). Egli interagiva senza problemi con tutti gli animali indistintamente (scimmia, cane, topo). In una seconda fase, al bambino viene affatto udire un improvviso rumore ad ogni presentazione del topo. Dopo diverse situazioni il piccolo ha cominciato a mostrare tensione e ansia alla semplice esibizione dell'animale anche in assenza di rumore. Watson notò che la tensione si presentava anche in presenza di stimoli simili rispetto all'animale, chiamò questo fenomeno “ generalizzazione”. Nel 1913 Watson pubblicò un articolo intitolato “Psychology as the behaviorist views it”; questo intervento è tuttora considerato il manifesto del comportamentismo.
I principi teorici del comportamentismo teorizzato da Watson possono essere assunti in tre punti:

  • per i comportamentista, non vi è una netta linea di demarcazione tra il funzionamento dell'uomo dell'animale;
  • è interesse del comportamentista solo il comportamento;
  • per comportamento è inteso ciò che è visibile e può essere osservato e studiato.
Nel suo Manifesto l'autore esclude qualunque interesse nell'esaminare ciò che non può essere osservato o verificato.
Si viene ad affermare il paradigma

                                   Stimoloà Risposta

La mente è considerata una scatola nera inaccessibile; quindi è importante studiare la risposta comportamentale che si presenta a fronte di uno stimolo.
Tra gli Anni ’50-’60 viene ad affermarsi la prima generazione di Terapeuti del Comportamento.
I maggiori esponenti di questa prima generazione di psicoterapeuti comportamentisti furono Hans J. Eysenck, Joseph Wolpe e Burrhus F. Skinner.
Ognuno di questi autori ha dato un notevole contributo alla Psicologia e alla Terapia del Comportamento.
Tre maggiori meriti di Eysenck vi è quello di aver introdotto la ricerca e la valutazione scientifica all'interno del mondo della psicoterapia. Egli è anche da ricordare per la sua teoria della personalità che si basava su alcune dimensioni: estroversione-introversione e nevroticismo-stabilità ( successivamente venne aggiunta la dimensione "psicoticismo").
Tra i maggiori meriti di Wolpe vi è l'elaborazione della Desensibilizzazione Sistematica. Ancora oggi questa strategia viene utilizzata efficacemente per risolvere problemi di ansia e fobia.
Skinner è da ricordare maggiormente per i suoi numerosi lavori sull'apprendimento e sulla formulazione del "condizionamento operante".
Tutti gli studiosi comportamentisti avevano come punto di contatto un vivo rispetto per le regole scientifiche. L'uso del modello scientifico era considerato la via maestra per la verifica delle ipotesi e dei modelli teorici. La verifica dell'efficacia delle strategie psicoterapeutiche era un momento importante per l'evoluzione dei protocolli lavoro.



Galeazzi A., Meazzini P. (2004). Mente e comportamento. Trattato italiano di Psicoterapia cognitivo-comportamentale. Firenze: Giunti.
Dobson, K. S. (2003). Psicoterapia cognitivo-comportamentale. Teoria, trattamenti, efficacia: lo stato dell'arte. Milano: McGraw Hill.

domenica 2 ottobre 2011

LA TERAPIA COGNITIVA STANDARD

All'interno dell'approccio Cognitivo-Comportamentale la terapia più conosciuta è sicuramente la Terapia Cognitiva Standard (TC) ideata da Aaron T. Beck intorno agli anni ‘60-‘70.
La TC viene adattata ad ogni paziente al fine di personalizzare il trattamento. Nonostante l'elevata flessibilità si possono rintracciare alcuni principi validi per tutti i pazienti e adottata tutti i terapeuti Cognitivi.
·         Il terapeuta C riformula i problemi del paziente in termini cognitivi, analizzando alcuni aspetti: pensieri, comportamenti problematici, fattori scatenanti ed eventi evolutivi.
·         L'alleanza terapeutica rappresenta uno dei cardini fondamentali per la terapia: il terapeuta e il paziente formano insieme una coppia di lavoro solida.
·         La TC presta molta attenzione alla collaborazione e alla partecipazione attiva sia del terapeuta che del paziente. Insieme decidono su quali problemi lavorare e in quale modo.
·         La TC è orientata all'obiettivo e focalizzata al problema. Nelle prime sedute si analizza in maniera attenta il problema, al fine di valutarne tutti gli aspetti. In una fase successiva si interviene.
·         Uno degli scopi della TC è insegnare al paziente ad essere terapeuta di se stesso rendendolo consapevole del proprio funzionamento cognitivo disfunzionale e insegnando i modi per correggerlo.
·         Nelle fasi iniziali della terapia si enfatizza maggiormente il presente. La risoluzione delle problematiche attuali porta, solitamente, ad una diminuzione del sintomo. In una fase successiva si tende lavorare anche situazioni passate e su schemi profondi.
·         La TC enfatizza l'aspetto psicoeducazionale al fine di insegnare al paziente come evitare cadute.
·         La TC è limitata nel tempo.
·         Gli incontri di TC sono abbastanza strutturati e seguono un ordine preciso di attività, che tende a rimanere costante per tutta la durata della terapia.
·         Il terapeuta C utilizza molteplici tecniche al fine di aiutare il paziente modificare propri pensieri e comportamenti funzionali.


Beck J. S. (2008). Terapia Cognitiva. Fondamenti e prospettive. Milano: Mediserve.