venerdì 7 dicembre 2012

LA DEPRESSIONE: una breve presentazione


In Italia circa 5 milioni di persone soffrono di Depressione e 3 milioni di Ansia.
La depressione e l'ansia comportano gravi conseguenze per il singolo individuo e per la società nel suo insieme. Purtroppo questi disturbi vengono vissuti dal paziente e dalla famiglia come una vergogna, una colpa da nascondere.
Nell'ambito della salute mentale vengono distinte varie forme di depressione:
  • episodio depressivo maggiore;
  • disturbo distimico;
  • disturbo ciclotimico.

Tutte le forme di depressione hanno in comune una marcata tristezza, un umore depresso per la maggior parte del giorno. Durante le fasi depressive si possono riscontrare anche insonnia (o ipersonnia) e perdita (o aumento) di peso non dovuto a diete.
Dal punto di vista psicofisiologico, le persone affette da depressione denunciano agitazione o un vero rallentamento psicomotorio che li affligge per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno. I pensieri possono avere caratteristiche autosvalutanti, sfiducia nei confronti del futuro e con presenza di sensi di colpa eccessivi e immotivati. Si riscontrano spesso difficoltà di attenzione, indecisione e, nei casi più gravi, pensieri ricorrenti di morte.
Sotto il profilo eziologico, non si può rintracciare un'unica causa della malattia.
Tra i fattori che possono influenzare lo sviluppo di un quadro depressivo ci sono quelli ambientali come l'educazione, la storia familiare e gli eventi traumatici che si sono vissuti durante lo sviluppo.
I fattori di rischio che si rintracciano frequentemente sono:
  • perdite importanti;
  • diminuzione delle attività piacevoli;
  • mancanza del relazioni sociali;
  • richieste provenienti dall'esterno, vissute come eccessive;
  • problemi generali nella gestione della vita.

Molte persone che soffrono di depressione, vivono questo loro disagio con una vergogna da nascondere, rinunciando così a superare il problema.
Oggi giorno ci sono trattamenti efficaci per la depressione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per i casi di depressione moderati e gravi l'opzione migliore di intervento è un approccio combinato tra farmaci antidepressivi e psicoterapia, come la terapia cognitivo-comportamentale, la psicoterapia interpersonale o il trattamento basato sul problem-solving.
I trattamenti psico-sociali sono efficaci e devono essere la prima di intervento in caso di depressioni di lieve entità.

http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs369/en/

venerdì 5 ottobre 2012

LA MINDFULNESS


Negli ultimi anni in campo della Terapia Cognitivo-Comportamentale si è avuto un notevole sviluppo di tecniche e nuovi approcci mindfulness based.
Ma cosa è la Mindfulness?
La parola deriva dal termine Sati in lingua Pale, il quale significa “attenzione consapevole”. Il primo promotore e studioso degli effetti della mindfulenss è stato Jon Kabat-Zinn. Egli ha tratto i suoi esercizi dagli insegnamenti del buddismo theravada. L’”attenzione consapevole”, secondo l’autore, deve essere diretta al momento presente in maniera intenzionale e in modo non giudicante. È un percorso di auto-esplorazione e conoscenza. Kabat-Zinn è riuscito a portare la mindfulness nel contesto terapeutico. Lo scopo di questa pratica non è risolvere i problemi ma cambiare il modo di approcciare le questioni; riuscire a vedere in maniera differente i propri meccanismi mentali permette all'individuo di vivere con maggiore consapevolezza le proprie azioni.
Per riuscire a coltivare pienamente la consapevolezza, bisogna coltivare sette atteggiamenti: il non giudizio, la pazienza, la “mente del principiante” (vedere le cose come fosse la prima volta), la fiducia, l’accettazione, il lasciare andare, il non cercare risultati.
La meditazione non è una pratica facile e neppure passiva: richiede tempo, disciplina e fermezza.
La pratica della mindfulness ha maggiormente coinvolto i terapeuti ad indirizzo cognitivo-comportamentale in quanto è stato dimostrato scientificamente che tali pratiche prevengono le ricadute depressive. L’impatto che questa disciplina ha avuto sull'indirizzo TCC ha permesso ad alcuni studiosi di definire questi nuovi approcci di “terza generazione”: Compassion Focused Therapy, Mindfulness Based Stress Reduction, Mindfulness Based Cognitive Reduction, Acceptance and Commitment Therapy.

Le pratiche di “consapevolezza” utilizzate nelle psicoterapie cognitive comportamentali possono essere definite: formali o informali.
Le pratiche formali sono:
·         Meditazione seduta;
·         Body Scan (esplorazione del corpo);
·         Meditazione camminata;
·         Yoga consapevole.
Per pratica informale si intende la capacità di portare la concentrazione e la consapevolezza nella vita quotidiana. È la trasformazione stabile di un modo di essere, una nuova abitudine mentale.


Kabat-Zinn, J. (2001).  Dovunque tu vada, ci sei già. Una guida alla meditazione. Milano: Edizioni Tea
Kabat-Zinn, J. (2008). Riprendere i sensi. Guarire se stessi e il mondo attraverso la consapevolezza. Milano: Edizioni Tea

martedì 22 maggio 2012

INSONNIA


Per alcune persone una occasionale perdita di ore di sonno è un evento normale, secondo alcune statistiche per il 10% della popolazione adulta l'insonnia è un problema cronico ed invalidante. Tra i disturbi del sonno è il quello più frequente.
Per insonnia si intende un deficit sia quantitativo che qualitativo di sonno.
L'insonnia può essere di diversi tipi: difficoltà di addormentamento, risvegli frequenti (insonnia lacunare) o al mattino presto. Il disturbo può durare alcuni giorni o poche settimane, ma può anche divenire cronico e perdurare per diversi anni. L’insonnia differisce da persona a persona: c'è chi non riesce ad addormentarsi, chi si sveglia frequentemente durante la notte o si sveglia troppo presto al mattino. Le linee guida dell’America Academy of Sleep Medicine classifica il sonno in quattro fasi: 1° fase, 2° fase, 3° fase e fase REM. Le prime tre fasi sono di sonno non-REM.
Il progressivo attraversamento delle fasi completano un "ciclo di sonno". Solitamente, un ciclo di sonno varia tra i 90 a i 110 minuti; in una notte un individuo attraversa diversi cicli di sonno. Il sonno influenzato dai cambiamenti di vita, dalle abitudini giornaliere e degli stati d'animo.
Le difficoltà croniche del sonno producono affaticamento durante il giorno, disturbi dell'umore e problemi di attenzione e concentrazione.
Ci sono solide prove scientifiche che la terapia cognitivo-comportamentale può essere un efficace trattamento alternativo (se non il trattamento d’elezione) ad una terapia farmacologica. Questo approccio produce dei risultati più a lungo termine rispetto ai farmaci.
La terapia cognitivo-comportamentale è un trattamento psicologico che focalizza la propria attenzione sui comportamenti, sui modi di pensare, e sul ruolo che questi elementi hanno nel mantenimento dei disturbi. L'elemento chiave del trattamento è l'identificazione e il cambiamento dei comportamenti e dei pensieri problematici. Un protocollo per superare insonnia include sia gli aspetti comportamentali che cognitivi; si focalizza su alcuni comportamenti e pensieri che possono contribuire a mantenere il problema ed offre tecniche per modificare e cambiare gli aspetti disfunzionali. L'aspetto comportamentale include un'educazione sull'igiene del sonno, tecniche di rilassamento e il diario del sonno. L'approccio cognitivo si basa sul controllo dell'ansia e dei pensieri irrazionali che la causano.

Edinger, J. D., Carney, C. E. (2008). Overcoming insomngia: a cognitive-behavioral therapy approach therapist guide. Oxford: Oxford University Press.
Stephane, A. S., Morin, C. M. (2008). The insomnia workbook. Oakland, CA: New Harbinger Publication.

martedì 24 aprile 2012

SINDROME DEL COLON IRRITABILE

La Sindrome del Colon Irritabile (IBS) è un'alterazione dei movimenti scanditi dai muscoli dell'intestino. In un individuo normale essi si contraggono e si distendono per permettere lo spostamento degli alimenti attraverso l'intestino. Nella persona affetta da IBS le contrazioni possono essere più energiche e lunghe e ciò causa una spinta più rapida del cibo con la conseguente formazioni di gas, gonfiore e diarrea.
In una recente ricerca, Mahvi-Shiva e colleghi hanno comparato due gruppi di pazienti (25 ciascuno): il primo ha seguito un trattamento prettamente farmacologico mentre il secondo è stato sottoposto ad una combinazione di trattamento farmacologico e terapia cognitiva.
Prima e dopo la ricerca i pazienti sono stati valutati sia dal punto di vista della sintomatologia fisica sia sotto il profilo psicologico.
I risultati hanno dimostrato che l'80% dei pazienti sottoposti a terapia farmacologica e TC  ha goduto di un netto miglioramento del proprio stato di salute (mentale e fisico) e che la combinazione di entrambi i trattamenti è molto più efficace rispetto al semplice trattamento farmacologico.
In aggiunta, i ricercatori hanno verificato che la terapia cognitiva aiuta notevolmente i pazienti a ridurre le disabilità legate al IBS. Gli studiosi concludono sostenendo che è auspicabile che i pazienti siano seguiti da un team formato da gastroenterologi e psicologi.


Mahvi-Shiva M., Fathi-Ashtiani A., Rasoolzade-Tabatebaei SK:, Amini M. (2012). Irritable bowel syndrome treatment: cognitive behavioral therapy versus medical treatment. Archives of Medical Science, 8, 123-129.

mercoledì 11 aprile 2012

IL DISAGIO PSICOLOGICO

Per comprendere pienamente cosa l'indirizzo CC intenda per disagio mentale è opportuno partire da uno dei fondatori del modello cognitivo: Aaron Beck. Egli era uno psicoterapeuta ad orientamento psicanalitico. Durante la sua prassi clinica si accorse che molti pazienti non miglioravano dopo che egli lavorava sulla rabbia che essi provavano nei confronti di se stessi (secondo l'ottica freudiana). Lo studioso si accorse, però, che oltre ai normali ragionamenti i depressi avevano un flusso di pensieri con connotazioni negative che influenzavano la loro percezione del mondo, di lo stessi e del futuro. Da successive osservazioni egli notò che il disagio era accompagnato da interpretazioni "negative" e "disfunzionali". Per "disfunzionale" si intende una valutazione e delle convinzioni che producono  sofferenza e non permettono all'individuo di raggiungere i propri scopi.
In base a quanto detto sopra, si può affermare che il modello cognitivo focalizza la propria attenzione sul contenuto cognitivo ( del pensiero) relativo alla reazione di un individuo nei confronti di un evento scatenante. 
Il disagio è conseguenza di due variabili:
  • contenuto mentale (pensieri automatici , schemi)
  • processi mentali.


A causa delle diverse interpretazioni e schemi che caratterizzano gli individui, a parità di evento sconvolgente si possono avere diversi pensieri, emozioni, reazioni fisiologiche e comportamentali.
Si può affermare che il modo di interpretare un evento e la conseguente reazione fisiologica e comportamentale è ascrivibile agli schemi personali. 
Ma quando uno schema diventa disfunzionale, e quindi patogeno? Uno schema può essere inteso come disfunzionale nel momento in cui distorce la realtà, è troppo rigido e difficilmente modificabile, è iper-valente (da origine ad interpretazioni pervasive ed eccessivamente generalizzate).
Per ogni disturbo psicologico è possibile rintracciare uno specifico profilo cognitivo, ovvero è possibile individuare alcuni processi cognitivi e contenuti ricorrenti che lo caratterizzano. In un disturbo d'ansia è solitamente possibile rintracciare una serie di pensieri e contenuti caratterizzati dalla minaccia della sicurezza personale e/o sociale. In un disturbo depressivo i pensieri saranno connotati da tematiche di perdita e fallimento.


Dobson K. S. (2002). Psicoterapia cognitivo-comportamentale. Teorie, trattamenti, efficacia: lo stato dell'arte. Milano: McGraw Hill.
Perdighe C., Mancini F. (2008). Elementi di psicoterapia cognitiva. Roma: Fioriti Editore.
Sassaroli S., Lorenzini R., Ruggiero G. M. (a cura di) (2006). Psicoterapia cognitiva dell'ansia. Milano: Raffaello Cortina Editore

sabato 7 aprile 2012

LA TCC PER LA SCHIZOFRENIA

Douglas Turkington e Anthony Morrison, in un loro articolo presentato su Archives of General Psychiatry, hanno individuato nei sintomi negativi della schizofrenia le cause di maggiore senso di disabilità e di stress. I sintomi negativi che caratterizzano la persona affetta da schizofrenia sono: alogia, anedonia e asocialità. Nel loro studio essi hanno messo in evidenza come poche ricerche si siano interessate ad alleviare i sintomi negativi che caratterizzano questa patologia, in quanto la società tende a interessarsi maggiormente ai sintomi positivi: allucinazioni e deliri. Essi hanno descritto lo studio controllato condotto da Paul Grant, Aaron Beck e colleghi nel quale si è verificato che pazienti affetti da schizofrenia vicono una significativa diminuzione dei sintomi negativi dopo un intervento riabilitativo basato su un modello cognitivo.
Il modello di riferimento della ricerca è stato proposto da Beck; egli ha teorizzato che i pazienti schizofrenici hanno uno "schema di fallimento" e si arrendono presto dopo la comunicazione della diagnosi, credendo che non saranno più in grado di raggiungere nessun obiettivo e migliorare. I pazienti possono pensare "non avrò mai amici", "non riuscirò a farlo", "io sono un pericolo". Essi tendono a pensare che il deterioramento sia inarrestabile, che le relazioni interpersonali siano impossibili e immaginano delle crisi catastrofiche. In generale, i pazienti credono che la loro mente sia irreparabilmente rotta.
Interventi mirati alla diminuzione degli atteggiamenti evitanti e una pianificazione delle attività possono aiutare i pazienti a mettere in atto comportamenti che riducono notevolmente l'ansia.
A conclusione dello studio, Beck e colleghi hanno evidenziato che " la terapia cognitiva può essere utile nel promuovere un miglioramento clinicamente significativo nella motivazione, nel funzionamento sociale, e sui sintomi positivi nei pazienti a basso funzionamento con un significativo impoverimento cognitivo.




Grant, P., Huh, G. A., Perivoliotis, D., Stolar, N. M., Beck A. T.. (2012). Randomized Trial to Evaluate the Efficacy of Cognitive Therapy for Low-Functioning Patients With Schizofrenia. Archives of General Psychiatry. 69, 120-120.
Turkington, D., Morrison, A. P. (2012). Cognitive Therapy for Negative Symptoms of Schizofrenia. Archives of General Psychiatry. 69, 120-120.